Associazione Le Donne del Vino del Friuli Venezia Giulia: TACCO E SPACCO

venerdì 21 febbraio 2014

TACCO E SPACCO - And the winner is.....?

La seconda edizione di Tacco e Spacco contro Cappa e Spada - stoccate in punta di spiedino si è conclusa!!! Questa volta sono stati i maschietti ad avere la meglio....complice una grande interpretazione nei piatti proposti...
Ecco tutti i punteggi:
Per i primi piatti Alex Osualdella, chef presso il ristorante Tenuta Fernanda Cappello di Sequals con i suoi “cjalsonsgrave della Pedemontana” ha vinto con 286 punti , mentre il piatto di Barbara Martina della Trattoria Ai Quattro Venti di Corno di Rosazzo “tortelli d’oca ai due colori e ai due sapori” ha ottenuto un punteggio di 280.
Ma non è finita....
Per i secondi Masahiro Homma del ristorante Il Ridotto di Venezia con il suo “triglie mari e monti” con un punteggio di 297, ha superato il piatto di Natascia Santandrea “cubetti di fegato di vitello su fondente di cipolla di Certaldo e vin santo” con punteggio di 295. Come potete vedere solo di due punti !
E infine:
Per i dolci Anna Chiavazzo, titolare del Giardino di Ginevra, con il suo “di vino, di terra, di cuore” ha totalizzato un punteggio di 312, superando Robert Tonial con “ciamp d’uiar (campo d’inverno) con punteggio di 287.

Gli chef partecipanti di Tacco e Spacco 2014

L'evento fortemente voluto dalla Delegata friulana Cristiana Cirielli si è svolto il 21 febbraio a partire dalle ore 10.30 presso lo showroom Elettrolux Peofessional. Ad intrattenere gli ospiti e la giuria durante la preparazione dei piatti, la comunicatrice Rossana Bettini Illy.

Nomi di spicco tra i giurati a cominciare da Alessandra Ferri, Carlos Santos, Domenica Grande, Giorgio Lonardi,Guecello Di Porcia, Lisa Tosolini, Matteo Zoppas, Patrizia Rigoni, Stefano Scatà.

Ne hanno parlato:

il Gazzettino

il Messaggero Veneto

Ad accompagnare la sfida ben 15 le produttrici che con i loro vini hanno innaffiato i piatti presentati dagli chef: Venica&Venica, Parovel, Picech, Borgo delle Oche, Foffani, Vigna Petrussa, Cantarutti, Fernanda Cappello, Piera Martellozzo, Rive Col de Fer, Castelvecchio, Livio Felluga, Le Monde, San Simone e Quinta della Luna.

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE LE DONNE DEL VINO

Delegazione del Friuli Venezia Giulia
VinO…si, però: La vigna, La vite, L’ uva, La vendemmia,
La botte, La bottiglia, L’ etichetta, …

per tacere di tutti i procedimenti di vinificazione (La vinificazione, appunto) che portano dalla prima all’ultima. Ironia a parte, c’è tutto un mondo femminile dietro / dentro un bicchiere di vino. L’Associazione, nata nel 1988, è oggi tra i sodalizi più attivi e vivaci nel panorama dell’enogastronomia e tra le espressioni più interessanti dell’imprenditoria femminile. Oltre 700 le iscritte su tutto il territorio nazionale, oltre una settantina nel solo Friuli Venezia Giulia. Produttrici, Ristoratrici, Enotecarie, Sommelier, Enologhe, Giornaliste, Comunicatrici, ciascuna con la sua storia: da chi ha mosso i primi passi tra le vigne e oggi è alta quanto quelle viti, a chi è caduta nella botte da piccola (e ne ha bevuto la pozione magica) a chi in cantina ha avuto un colpo di fulmine e con umiltà e fantasia ci ha costruito intorno una nuova vita. Condividiamo tutte la fortuna di vivere un mondo ricco di impegni ma anche di suggestioni, a cui cerchiamo di apportare fantasia, coraggio e concretezza, portando avanti con entusiasmo e molto senso pratico progetti comuni e obiettivi condivisi. Corsi di cucina, seminari di avvicinamento al vino, degustazioni, eventi diversi, piccole pubblicazioni, manifestazioni benefiche, … è quanto mettiamo in campo per avvicinare a questo mondo color vino quanti vogliano goderne con consapevolezza, curiosità e leggerezza...(Sabina Maffei)

Delegata Regionale FVG 2012-2013:

Cristiana Cirielli Scandolara

cell 3296692162

e-mail ciriellicris@yahoo.it

Via Chiesa n. 1 di Vallenoncello

33170 Pordenone

Riferimenti di Delegazione:

ledonnedelvinofvg@gmail.com

www.ledonnedelvinofvg.it

L’aquaphile

Ero letteralmente pazzo di quella donna.
Per lei, per lo splendore divertito dei suoi occhi umidi di acuta intelligenza, per la sua voce rotta, greve e bassa, appagata di lussuria, per il suo sedere furibondo, per la sua cultura, per la sua tenerezza e per le sue mani, io mi sentivo un folgorante giovincello, pronto a sollevare impossibili massi per intagliarvi delle cattedrali in cui sarei entrato con i miei stivali a cavallo di un irresistibile sauro, pazzo, anche lui.
Per lei, nelle sere di usura casalinga in cui la routine appesantisce gli slanci familiari, erodendo fino al cuore i desideri coniugali, io mi vedevo con spavento abbandonare la madre dei miei figli, i miei figli stessi, il mio gatto primordiale e addirittura la mia cantina dalla volta umida e pallida, che odora di legno vecchio, di sughero e di sarmenti spezzati, la mia cantina indispensabile e segreta, dove parlo al mio vino quando la mia testa è sofferente, la mia cantina che non rischiaro che alla luce di una candela per il timoroso rispetto delle tradizioni perdute e della vita che scorre nei mille flaconi dai magici nomi di castelli occitani e di casate burgunde.
Per questa donna, dalla commovente quarantina che tre piccole rughe graffiano appena, tre paillettes intorno ai suoi sorrisi ancora da ragazzina, per questo frutto dal cuore maturo me non ancora caduto, per il suo nido vittoriano e per il divano nero su cui comprendevamo Dio ascoltando Mozart, per il velluto Guerlain intorno alla sua pelle, per la calma fermezza della sua camminata Dior di seta nera, per la sua virilità nel modo di tenere una Gauloise e per i suoi seni arroganti, sempre in piedi, anche nel più pericoloso degli inchini meno confessabili, per questa donna infinitamente inabituale, io mi sentivo sul punto di rinnegare le mie pantofole.
Vi dico che era infinitamente inabituale.
Per esempio mi parlava spesso in latino, per reazione feroce alla trascuratezza della lingua di casa nostra, che l’anglomania scortica a morte. I nostri dialoghi erano folli:
- quo vadis domine?
- Etoilla matelus?
In sua presenza non era raro ch’io gozzovigliassi, così, senza finezza, nella vaga speranza di nascondere sotto il mio naso rosso il turbamento profondo di essere con lei.
Lei aveva spesso la bontà di riderne, esibendo all’improvviso i suoi brillanti canini in un lampo bianco sovracuto che mi mordeva il cuore.
Ne ero pazzo, vi dico.
Quel 16 ottobre quindi, la portai a pranzare nell’antro bordolese di un truculento salsiere che non serve che sei tavoli in fondo ad un’impasse addormentata del XVe, dove ho le mie abitudini. Ci rivedo, mentre degustavamo dei delicati boleti neri, celebrando l’autunno, romantici e gravi, d’una gravità di amanti crepuscolari. Lei mi guardava, pallida e serena come quella bambina scandinava che avevo intravisto assorta sulla tomba di Stravinski in un mattino freddo di Venezia.
Ero sul punto di dire cose all’acqua di rose quando arrivò il sommelier.
Avevo ordinato un Figeac 71, il mio Saint-Emilion preferito. Introvabile, sublime. Rosso e dorato come pochi tramonti sanno essere. Profondo come un la minore di contabbasso. Splendente come un orgasmo al sole. Più lungo in bocca di un finale di Verdi. Un vino così grande che Dio esiste alla sua sola vista.

Lei ci ha messo dentro dell’acqua. Non l’ho mai più amata.

Da Chronique de la haine ordinaire, Pierre Desproges
Liberamente tradotto da Sabina